IL COVO DEI BRIGANTI
Il rifugio del brigante era, secondo i luoghi e le occasioni, una grotta, un riparo sotto uno spiovente di roccia oppure, più spesso, una capanna in tutto simile a quelle utilizzate dai pastori e dai carbonai, realizzata con i materiali reperibili in loco, dagli stessi briganti o dai loro manutengoli.
La tecnica di costruzione era vecchia di millenni: si realizzava, innanzitutto, un basso muretto ellittico, costituito da alcuni filari di pietre a secco, che fungeva da riparo per la base.
La struttura portante era rappresentata da due robusti pali, con la parte superiore forcuta, distanti tra loro da quattro ad otto metri, posti agli estremi dell’ellisse. Sulle forche di questi assi portanti si adagiava un altro lungo palo, denominato “rema”. A quest’ultima venivano appoggiati i due telai della capanna, realizzati con pertiche incrociate, legate con i vimini. Su uno di questi era ricavato lo spazio per la porta. Si formavano così due spioventi, che andavano a delimitare una superficie larga, secondo le dimensioni della struttura, tra i 2 ed i 5 metri.
Alle pertiche del telaio si legavano, a fasci, i rami della ginestra dei carbonai, che talvolta erano ricoperti da zolle.
Un focolare, formato scavando una buca al centro della capanna, rimaneva acceso giorno e notte per riscaldare ed illuminare l’ambiente e per la cottura dei cibi. Il fumo saliva, prima di uscire, filtrando lentamente, attraverso il rivestimento vegetale, lambendo alcune cannicciate dove venivano poste ad essiccare le caciotte. Più su aleggiava avvolgendo le pertiche a cui, in bella mostra per impregnarli, erano appesi il lardo ( base grassa di ogni intingolo ), salsicce, pancetta, “busicchie” e qualche raro prosciutto, da tagliare con gli affilati coltelli a serramanico, che qualche fabbro locale sapeva realizzare con rara maestria di forme e di tempra.
Gli unici mobili presenti erano rappresentati dalle “rapazzole”, miseri giacigli, costruiti lungo le pareti, con graticci di rami, che sostenevano il paglione, il povero “materazzo” realizzato con tela e riempimento vegetale, su cui si annidavano le fastidiose cimici, compagne delle notti solitarie del brigante.
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